E.N.T.I. Experience Nature Technology Indoors

AUTORI: Daniele Carraro, Lidia Barazzotto, Manuela De Maria, Eleonora Boi

NUOVE TECNOLOGIE E TRATTAMENTO DELLE DIPENDENZE PATOLOGICHE

Premessa:

La diffusione delle tecnologie legate allo sviluppo di internet e dei dispositivi mobili di comunicazione è stata spesso considerata un ostacolo nel trattamento degli stati di dipendenza patologica, particolarmente in sede residenziale.

Rovesciando tale assunto, ci siamo è interrogati sulla possibilità, di utilizzare tali tecnologie, come sussidiarie nei trattamenti clinico-riabilitativi degli stati di dipendenza patologica, all’interno dei trattamenti clinico-riabilitativi di tipo residenziale.

Le basi teoriche:

sono state mutuate dal filone di studi effettuati a partire dagli anni 80, in particolare discipline come la Psicologia Ambientale, la Psicologia Sociale. In questi ambiti viene utilizzata l’espressione “«restorativeness» (rigenerazione) per indicare un processo di recupero delle risorse psicologiche e cognitive rispetto a delle condizioni di deficit antecedenti.

Capisaldi della “restorativeness” sono due posizioni teoriche differenti ma complementari: la teoria del recupero dallo stress (Ulrich, 1983) o Stress Recovery Theory (SRT); e la Teoria della Rigenerazione dell’Attenzione (Kaplan-Kaplan, 1989; Kaplan S., 1995) o Attention Restoration Theory (ART).

La SRT è incentrata sulla diversa capacità degli ambienti, naturali e urbani, di influire sugli stati affettivi. I cambiamenti di umore derivanti dall’esposizione ai diversi ambienti sono direttamente collegati alla loro capacità di ridurre lo stress. Prove empiriche indicano come tali capacità siano maggiori negli ambienti naturali rispetto a quelli urbani

La percezione di un umore migliore, di uno stato affettivo positivo, l’inibizione di emozioni e pensieri negativi e la riduzione dell’attività in diversi sistemi fisiologici legati allo stress (e.g., battito cardiaco e tensione muscolare), sono solo alcuni tra gli effetti positivi derivanti dal contatto con la natura, attivando risposte a livello emozionale, cognitivo e fisiologico, che consentono il recupero da situazioni di stress psicofisiologico (Ulrich-Simons-Losito-Fiorito-Miles-Zelston, 1991; Verderber, 1986; Parsons-Tassinary-Ulrich-Hebl-Grossman, 1998).

L’ART teoria della rigenerazione dell’attenzione pone invece l’accento sul fatto che l’esposizione agli ambienti naturali permette di ridurre le distrazioni, migliorando l’attenzione diretta e la capacità di riflessione, Essa viene supportata da ricerche che hanno evidenziato un aumento della prestazione di studio in studenti e bambini con deficit d’attenzione, se posti in contatto con spazi verdi (Tennessen-Cimprich, 1995; Taylor-Kuo-Sullivan, 2000; Wells, 2000).

L’efficienza dell’attenzione può essere recuperata grazie al processo di rigenerazione che si ottiene in particolari ambienti o mediante attività che consentono l’attivazione dell’attenzione involontaria o indiretta. Questo tipo di attenzione, detta anche fascination, non richiede alcuno sforzo cognitivo e pertanto consente di rigenerare l’attenzione diretta . combattendo la cosiddetta “fatica attenzionale”, in inglese Directed Attention Fatigue (DAF).

Prendendo in esame i vari studi sull’argomento, si deduce che il potere benefico del verde sembra essere generato sia da un concreto meccanismo «percettivo» sensoriale, capace di coinvolgere a livello fisico l’osservatore, sia da un forte potenziale «evocativo» responsabile dell’attivazione simbolica ed emozionale nella nostra mente, il cui effetto è la modificazione del nostro stato psico-fisico. Questo aspetto non è certamente secondario, visto che molti di questi studi hanno dimostrato come anche il semplice fatto di guardare solamente immagini di natura e piante – come foto, dipinti o filmati – possa migliorare in pochi minuti la nostra circolazione sanguigna, riducendo lo stress (Hartig, 1991; Heerwagen, 1990; Nakamura-Fujii, 1990,1992; Selby-Choi-Orland, 1990; Ulrich 1993, 1999; Ulrich-Simons-Losito-Fiorito-Miles-Zelston, 1991).

Di particolare ispirazione è stato uno studio pubblicato su Journal of Affective Disorders nel 2012condotto dai ricercatori del Baycrest’s Rotman Research Institute di Toronto in collaborazione con la University of Michigan e la Stanford University sugli effetti prodotti dal contatto con la natura in soggetti affetti da Depressione Maggiore, che ha dimostrato come tale intervento apportasse benefici al tono dell’umore diminuendo il livello di ruminazione e di pensiero negativo caratteristici di tale sindrome, disturbi altrettanto presenti e centrali nel Disturbo di Dipendenza Patologica.

LA RICERCA

Obiettivo della ricerca è stato verificare come e con quale efficacia, la somministrazione, attraverso mezzi mediali , personal computer, di video di natura potesse modificare la dis-regolazione emotiva dei soggetti sottoposti a sperimentazione.

Il Metodo

3 gruppi di pazienti di comunità terapeutiche ad alta, media e bassa gravità, comparati – per sorteggio – con gruppi di controllo delle medesime strutture

29 soggetti: 16 sperimentali e 13 di controllo. Ai soggetti sperimentali è stata proposta la visione di una sequenza di video di natura, della durata di 12 mi- nuti ciascuna, 2 volte a settimana.

Sono stati utilizzati per la sperimentazione 10 temi di- versi, per un totale di 2 ore nell’arco di un mese.

La Misurazione

La rilevazione delle prestazioni è stata effettuata con 2 diversi strumenti: il DERS, Difficulties in Emotion Regulation Scale, un test utilizzato per valutare la capacità di regolazione delle emozioni e lo spostamento nei 6 assi analizzati dal test (somministrato a tutti i soggetti), e un questionario creato appositamente per registrare le variazioni dello stato d’animo prima e dopo ogni singola visione (somministrato al solo gruppo sperimentale).

I Risultati

I risultati del DERS hanno mostrato un incremento della capacità di controllo delle emozioni nel 75% dei soggetti sperimentali, a confronto di un 23% di miglioramento riportato dai soggetti del gruppo di controllo, conferma dell’ipotesi iniziale: la visione di immagini di ambienti naturali diminuisce la ruminazione e il pensiero negativo presenti nei nostri pazienti, migliorando l’efficacia nella capacità di controllo della dis-regolazione emotiva.

Abbiamo ottenuto risposte sostanzialmente differenti da ognuna delle 3 comunità, seppur in tutte si sia manifestato un risultato positivo.

BIOGLIO – CT a MEDIA INTENSITA’, ha fatto registrare i risultati migliori, con un 100% di miglioramento dei partecipanti alla sperimentazione.

BIELLA e MAGNANO, rispettivamente CT a bassa e CT ad alta intensità, hanno ottenuto risultati positivi, ma non assoluti, come il 100% registrato a Bioglio.

Risultati inattesi

La comparsa di miglioramenti anche in soggetti del gruppo di controllo, probabilmente spiegabile con la teoria del Coherent Field Environment , secondo cui “in un gruppo più ampio gli elementi disturbanti risultano meno incisivi, in quanto vengono armonizzati dal gruppo.”

Un alto indice di gradimento dei soggetti rispetto l’esperienza, dimostrato dalla richiesta di poter avere i video delle immagini a disposizione nei loro apparati mobili.

Conclusioni

L’esito complessivo della sperimentazione conferma la possibilità di intervenire anche in programmi terapeutici di recupero degli stati di Dipendenza Patologica “classici” con strumenti tecnologicamente attuali. I quali permettono una messa a disposizione, del soggetto trattato, di risorse con proprietà auto- somministrativa in grado di aumentare il coinvolgimento del paziente nel proprio trattamento (patient enpowerment). La possibilità di auto-somministrazione, rendendo disponibile l’intervento nel momento stesso in cui se ne presenta la necessità, consente inoltre di ottimizzare alcuni elementi del trattamento, diminuendo in tal modo i tempi dello stesso.

E’ attualmente in fase di studio la possibilità di sviluppare una app, basata sull’esperienza presentata, che ne renda la fruibilità ancora migliore.

(articolo pubblicato su “Dal Fare al dire” Rivista di informazione e confronto sulle patologie da Dipendenza n° 3 del 2016)

Articolo pubblicato su “La Stampa”